New York – A pochi giorni dall’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla fine dell’ingresso duty-free per le merci a basso costo provenienti dalla Cina, la misura è stata sospesa a causa di un accumulo senza precedenti di pacchi all’aeroporto JFK di New York.
L’ordine esecutivo, che puntava a colpire un’importante falla nel sistema commerciale statunitense, si è scontrato con una realtà logistica ingestibile. Funzionari governativi sono ora al lavoro per riorganizzare l’applicazione del provvedimento senza paralizzare l’efficiente sistema di importazioni americano.
L’obiettivo di Trump: colpire la regola “de minimis”
La decisione dell’ex presidente prende di mira una norma commerciale poco conosciuta, la cosiddetta “de minimis”, che consente l’ingresso senza dazi e con controlli minimi di merci dal valore inferiore a 800 dollari. Un volume di scambi esploso negli ultimi anni grazie all’e-commerce: nel 2023, ben 1,4 miliardi di pacchi sono entrati negli Stati Uniti attraverso questa via, il 60% dei quali provenienti dalla Cina, spinti da giganti dello shopping online come Temu e Shein.
Dietro la mossa di Trump c’è anche la volontà di colpire Pechino per il suo presunto ruolo nella crisi degli oppioidi sintetici che, negli ultimi dieci anni, ha causato oltre 450.000 morti negli USA. Secondo le autorità americane, i cartelli messicani acquistano dalla Cina le sostanze chimiche utilizzate per produrre il fentanyl e sfruttano proprio il sistema de minimis per far transitare questi attraverso gli Stati Uniti. Pechino ha sempre negato ogni coinvolgimento.
L’errore di calcolo: attuazione impossibile in tre giorni
Il 1° febbraio, Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone un dazio aggiuntivo del 10% su tutte le importazioni cinesi e pone fine all’esenzione de minimis per i pacchi a basso valore. La Casa Bianca ha concesso appena tre giorni per l’entrata in vigore del provvedimento, scatenando il caos.
Il 7 febbraio, di fronte a un’ondata di pacchi fermi nei principali porti di ingresso – incluso il JFK – il governo è stato costretto a sospendere la misura. Impossibile per i corrieri internazionali, le piattaforme di e-commerce, il servizio postale statunitense (USPS) e l’agenzia doganale (CBP) adattarsi in così poco tempo.
“Non puoi semplicemente schioccare le dita e far funzionare tutto,” ha dichiarato John Leonard, ex alto funzionario della CBP, spiegando che simili cambiamenti richiedono mesi di preparazione e una stretta collaborazione con il settore privato.
Un problema bipartisan: troppi pacchi, troppe incognite
La norma de minimis, che risale al 1938, è da tempo nel mirino dei politici di entrambi gli schieramenti. C’è chi la considera un cavallo di Troia per le merci cinesi che soffocano l’industria americana, chi la vede come un canale per il traffico illegale di droga e prodotti contraffatti.
L’idea di limitare il flusso dei pacchi duty-free ha trovato sempre più sostenitori a Washington. Tuttavia, il problema è l’attuazione: il sistema delle spedizioni negli Stati Uniti è progettato per muovere velocemente le merci, non per immagazzinarle o gestire dazi su scala massiva.
“Bisogna avere un’infrastruttura adeguata per farlo,” ha sottolineato Rosa DeLauro, deputata democratica del Connecticut, criticando la decisione di Trump di imporre il cambiamento senza un piano chiaro.
Un altro punto debole è l’USPS, che gestisce circa il 5% delle spedizioni de minimis (pari a 75 milioni di pacchi l’anno). A differenza di FedEx, UPS e DHL, il servizio postale non ha né le strutture né il personale per riscuotere i dazi sulle merci in arrivo. Il 4 febbraio, USPS aveva addirittura sospeso temporaneamente l’accettazione di pacchi dalla Cina e da Hong Kong, salvo fare marcia indietro 12 ore dopo.
Un provvedimento destinato a tornare
L’amministrazione Trump non ha intenzione di abbandonare del tutto la misura: secondo fonti governative, il divieto sarà ripristinato a breve, ma questa volta con un approccio più graduale.
Gli esperti, tuttavia, avvertono che il problema rimarrà complesso. Molti esportatori cinesi potrebbero spostare la produzione in Vietnam o Thailandia per aggirare le nuove restrizioni. Inoltre, dimostrare l’origine cinese delle merci sarà una sfida, dato che il commercio globale segue rotte intricate e poco trasparenti.
“Sarà il caos, in ogni caso,” ha dichiarato l’avvocato esperto di commercio internazionale Lars-Erik Hjelm. E per i consumatori americani abituati a ricevere pacchi dalla Cina in tempi rapidissimi, l’effetto potrebbe farsi sentire presto.