La rinascita dei bond aziendali.

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Di norma, il mercato delle obbligazioni corporate con rating elevato non offre particolari emozioni, ed è esattamente così che dovrebbe essere. Questi strumenti rappresentano prestiti alle aziende più sicure e affidabili. Tuttavia, di recente, i detentori di obbligazioni sembrano vivere una festa in piena regola.

Un indicatore dello stato d’animo degli investitori è lo spread di credito, ovvero il sovrapprezzo che le aziende pagano rispetto ai titoli di stato equivalenti. Negli Stati Uniti, lo spread medio per le obbligazioni investment-grade si attesta a 0,8 punti percentuali, il livello più basso dal 2005, anno in cui un boom del credito contribuì a creare le condizioni per la crisi finanziaria globale. Situazioni simili si osservano in Asia e in Europa, dove gli spread sono solo leggermente più alti. Anche i banchieri impegnati nell’emissione di nuovi bond sono più attivi che mai, un livello di operatività paragonabile a quello registrato quando le politiche monetarie inondarono i mercati di liquidità durante la pandemia di Covid-19.

Dopo due decenni di tassi d’interesse vicini allo zero, l’aumento dei rendimenti ha reso le obbligazioni corporate molto più attraenti. Nonostante gli spread contenuti, molti titoli di alta qualità offrono rendimenti complessivi superiori al 5%, ben più interessanti rispetto al rendimento degli utili del 4% implicito nel rapporto prezzo/utili delle azioni americane previsto per il 2025. Non sorprende, quindi, che gli investitori si riversino sui bond e che le aziende approfittino di questo entusiasmo per emetterne di nuovi.

La trasformazione del mercato obbligazionario

Tuttavia, il rinnovato interesse per questo mercato può sembrare sorprendente. Per decenni, forme più rischiose di debito, dai junk bond al credito privato, hanno dominato il panorama finanziario, mentre il ruolo delle obbligazioni corporate tradizionali è andato progressivamente diminuendo, un trend che dura da secoli.

Le obbligazioni hanno una lunga storia: i primi titoli furono emessi dalla municipalità di Venezia nel XII secolo, mentre le aziende iniziarono a utilizzarli nel 1600, contemporaneamente all’introduzione delle azioni. Se queste ultime rimasero per lungo tempo poco apprezzate, i bond si imposero rapidamente come un investimento rispettabile. Nel XIX secolo erano tra i titoli meno volatili alla borsa di Parigi e negli Stati Uniti sovraperformarono le azioni per decenni. Anche dopo il crollo di Wall Street del 1929, gli investitori continuavano a preferire le obbligazioni, accettando rendimenti del 3% mentre per le azioni richiedevano un rendimento prossimo al 10%.

Negli anni successivi, però, qualcosa cambiò. L’attenzione collettiva si spostò verso le azioni, attratte dalla promessa di profitti straordinari. Gli investitori riversarono capitali nel mercato azionario, facendo impennare le valutazioni e i rendimenti. Il settore del venture capital dimostrò quanto potessero essere redditizi gli investimenti iniziali in aziende ad alta crescita. Dal 1900, i rendimenti reali annualizzati delle azioni americane sono stati del 6,5%, rispetto al 5,3% delle obbligazioni corporate.

Un mercato in evoluzione

Negli ultimi dieci anni, il divario tra il mercato azionario e quello obbligazionario si è ulteriormente ampliato. Nel 2014, le obbligazioni investment-grade emesse da aziende americane valevano 7.500 miliardi di dollari, contro i 19.000 miliardi delle azioni delle società dell’S&P 500. Oggi, questi valori sono rispettivamente 11.000 miliardi e 52.000 miliardi, con il mercato obbligazionario che rappresenta solo il 22% di quello azionario, rispetto al 39% di dieci anni fa. Sebbene il 2024 sia stato un anno particolarmente attivo, i 1.600 miliardi di dollari di nuove emissioni sono inferiori, in termini reali, alla media annua del decennio precedente.

Questo declino non è solo il risultato di un cambio di preferenze degli investitori. Le grandi aziende tecnologiche, che hanno spinto i prezzi delle azioni verso l’alto, sono meno inclini a emettere obbligazioni rispetto ai giganti del passato. Generano ingenti flussi di cassa e hanno meno bisogno di ricorrere al debito. Inoltre, i loro asset sono per lo più intangibili, come la proprietà intellettuale, anziché tangibili, come macchinari o infrastrutture, che tradizionalmente servivano a garantire i bond.

Il futuro delle obbligazioni corporate

Potrebbero le obbligazioni corporate tornare al loro antico splendore? È naturale che, con il predominio di aziende giovani e innovative, gli investitori abbiano preferito partecipazioni azionarie per condividere la loro crescita. Tuttavia, con la maturazione di queste aziende e il rallentamento dei loro profitti, il debito potrebbe tornare più interessante. Inoltre, la crescente necessità di investire in infrastrutture, come quelle legate all’intelligenza artificiale, potrebbe spingere queste società a emettere più obbligazioni. Nel 2023, Meta ha emesso bond per un valore record di 10,5 miliardi di dollari, il suo maggiore collocamento finora.

Non è escluso che gli investitori possano riscoprire l’interesse per questa classe di asset. Più probabilmente, però, continueranno a cercare le azioni dei prossimi colossi del futuro.

La situazione italiana

In Italia il ricorso al credito da parte delle aziende è saldamente in mano alle banche. Non solo non vi è la cultura del mercato azionario ma vi sono precisi ostacoli normativi e burocratiche per impedire alle aziende di ricorrere direttamente al credito sul mercato. Consentire un rapporto diretto tra gli investitori e le aziende, cosa che l’obbligazione consente, creerebbe anche un mercato concorrenziale, costringendo le banche a misurarsi con un’alternativa e proporre., dunque, prodotti più convenienti alle aziende italiane. Ma l’argomento, a quanto pare, non interessa molto alla politica.

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