Mentre l’inflazione si sta raffreddando nella maggior parte del mondo, in Russia continua a salire. A dicembre, i prezzi al consumo sono aumentati del 9,5% su base annua, in crescita rispetto all’8,9% del mese precedente e ben al di sopra dell’obiettivo del 4% fissato dalla Banca Centrale russa. Il costo di frutta e verdura, in particolare, è cresciuto di oltre il 20% nell’ultimo anno. In un paese normale, un’inflazione così elevata sarebbe insostenibile. Ma la Russia non è un paese normale.
Le cause dell’impennata dei prezzi
L’ultima fiammata inflazionistica è il risultato di fattori sia interni che esterni. Le sanzioni occidentali sempre più stringenti hanno indebolito il rublo, aumentando il costo delle importazioni. I commercianti russi, per continuare a fornire prodotti come telefoni americani o borse italiane, devono ingegnarsi con canali alternativi, il che comporta costi aggiuntivi. Ci sono evidenze che produttori francesi di vino stiano aggirando le sanzioni vendendo bottiglie attraverso intermediari in Austria e Grecia. Tuttavia, i prezzi restano alle stelle: una bottiglia di Clos de Tart 2006, un pregiato Borgogna servito nel ristorante White Rabbit di Mosca, è aumentata di quasi il 30% dall’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin.
Nel frattempo, la coscrizione obbligatoria ha causato una carenza di manodopera, aggravata dalla fuga di molti cittadini all’estero. Il tasso di disoccupazione è al minimo storico, intorno al 2%, costringendo le aziende a una feroce competizione per accaparrarsi lavoratori. Nel 2024 i salari nominali sono aumentati del 18%, esercitando ulteriore pressione sui prezzi. Il governo ha anche varato un massiccio stimolo fiscale, aumentando la spesa per difesa, welfare e infrastrutture. Secondo la Banca Centrale russa, la domanda rimane superiore alla capacità produttiva delle imprese.
La battaglia tra politica monetaria e spesa pubblica
All’interno dell’apparato decisionale russo si sta consumando un braccio di ferro. La Banca Centrale, composta da economisti ortodossi, vuole frenare l’inflazione e il 14 febbraio, dopo un incontro di politica monetaria, dovrebbe mantenere i tassi di interesse al 21%, il livello più alto dai primi anni 2000. Sono state inoltre introdotte restrizioni sul credito per contenere la crescita dei prezzi.
Ma i funzionari più vicini a Putin spingono in direzione opposta. Il bilancio militare continua a lievitare, arrivando al 7% del PIL, con ingenti somme erogate come bonus di arruolamento per i soldati e indennizzi per le famiglie dei caduti. Il governo sta anche costringendo il settore privato a contribuire al finanziamento delle forze armate, di fatto una forma di stimolo economico.
L’inflazione russa è sostenibile?
Nei mercati emergenti, l’alta inflazione tende a causare almeno uno dei seguenti problemi: il primo è la difficoltà nel pagamento del debito estero a causa della svalutazione della valuta nazionale. Tuttavia, la Russia vanta un ampio surplus della bilancia dei pagamenti e solide riserve di attività estere, rendendo improbabile questo scenario.
Un altro rischio è l’aumento dei tassi di interesse, che potrebbe rendere il debito pubblico insostenibile. Sebbene i tassi in Russia siano saliti, il livello di indebitamento statale è basso, mantenendo gestibili i costi del servizio del debito.
Il terzo problema è di natura politica: l’insoddisfazione popolare per l’aumento dei prezzi potrebbe sfociare in proteste e richieste di cambiamento. Ma, per ora, i russi sembrano accettare la situazione economica. Nell’ultimo anno, i redditi reali delle famiglie sono aumentati del 10% grazie agli incrementi salariali e ai sussidi governativi, superando il ritmo dell’inflazione. Secondo il Levada Centre, un istituto indipendente di sondaggi, la fiducia dei consumatori è ai massimi storici e le lamentele sull’inflazione restano nella media.
Questa fiducia si riflette nei consumi: secondo un’analisi sui dati ufficiali, la spesa reale delle famiglie è almeno del 6% superiore rispetto all’anno precedente.
Un futuro incerto tra guerra ed economia
Resta da vedere se questa stabilità potrà durare. I cittadini russi potrebbero arrivare a un punto di rottura e iniziare a lamentarsi dell’aumento del costo della vita. Nel frattempo, la prospettiva di negoziati di pace, evocata da Donald Trump il 12 febbraio, potrebbe rappresentare una nuova sfida economica. La Russia sta producendo enormi quantitativi di beni e servizi legati al conflitto, specialmente armi, che non sarebbero necessari in tempo di pace. Adattarsi alla fine della guerra potrebbe rivelarsi un processo sorprendentemente difficile.
A meno che l’Occidente non decida di revocare le sanzioni, le prospettive economiche di lungo termine della Russia rimangono incerte, indipendentemente dall’andamento dell’inflazione.