Sanità, salta l’accordo sul contratto nazionale.

Dopo sette mesi di negoziati, salta la conclusione del Contratto Collettivo Nazionale per il comparto Sanità relativo al triennio 2022-2024, che interessa oltre 580.000 lavoratori del Servizio sanitario nazionale, inclusi infermieri, tecnici e personale non medico. La trattativa si è interrotta a causa della spaccatura tra le sigle sindacali: Nursind, Cisl e Fials avevano espresso parere favorevole alla proposta emersa al termine delle discussioni con l’Aran, mentre Nursing Up, Cgil e Uil hanno deciso di non aderire, impedendo di fatto il raggiungimento della rappresentanza necessaria per l’approvazione.

La proposta finale prevedeva un incremento retributivo lordo di 172 euro al mese su 13 mensilità, oltre a una serie di modifiche normative. Tuttavia, le divergenze tra i sindacati sono risultate insanabili. Andrea Bottega del Nursind ha definito il mancato accordo “un’occasione sprecata” e ha criticato il protagonismo che, a suo avviso, ha penalizzato i lavoratori. “Il vero valore del contratto non stava tanto nelle risorse – comunque insufficienti – ma nella possibilità di avviare immediatamente le negoziazioni per il periodo 2025-2027, sfruttando i fondi già stanziati dalla Legge di Bilancio”. Secondo il Nursind, i lavoratori, in particolare quelli dei pronto soccorso, saranno i più penalizzati dall’impossibilità di adeguare le indennità previste dal giugno 2023.

Anche la Cisl Funzione Pubblica ha espresso rammarico per l’esito negativo della trattativa, sottolineando che “la mancata firma colpisce chi ogni giorno tutela il diritto alla salute dei cittadini”. Tra i punti salienti dell’accordo, il sindacato ha evidenziato misure come il riconoscimento dei buoni pasto per il lavoro agile, l’introduzione sperimentale della settimana lavorativa corta e nuove garanzie per il personale più anziano.

Di parere opposto, la Fp Cgil ha ritenuto che la proposta contrattuale non fosse adeguata, giudicandola carente sia per quanto riguarda l’aumento degli stipendi sia per le indennità. “Si chiedeva ai lavoratori di fare di più senza offrire strumenti sufficienti per valorizzarne la carriera”, ha dichiarato il sindacato. Sulla stessa linea, il Nursing Up ha respinto il contratto definendolo “inadeguato” e ribadendo il rifiuto di accettare compromessi al ribasso. La Uil Fpl, dal canto suo, ha criticato le risorse disponibili, giudicandole “insufficienti per recuperare il potere d’acquisto perso negli anni”. Il sindacato ha evidenziato che, con un’inflazione al 17%, l’aumento proposto si fermava a un modesto 6% lordo.

Anche l’Unione Sindacale di Base (Usb), che ha manifestato davanti alla sede dell’Aran, ha contestato l’accordo, definendolo “l’ennesimo colpo al Sistema sanitario pubblico”, accusando il governo di dare priorità ad altri settori piuttosto che ai lavoratori della sanità.

Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, ha espresso delusione per il mancato accordo: “Erano mature le condizioni per firmare e avviare la trattativa per il triennio successivo. Ora, senza un’intesa, non si potranno attuare molte delle misure che avrebbero migliorato le condizioni di lavoro”. Naddeo ha inoltre sottolineato che, con l’imminente periodo di elezioni delle Rsu, sarà più difficile riaprire i negoziati in tempi brevi, considerando anche l’inasprimento dei conflitti sindacali previsto nei prossimi mesi.

Condividi: